Per chi non avesse visto o non ricordasse la trama di “Avatar”, il film fantascientifico uscito nel 2009 nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, l’operazione più affascinante della storia è far sì che un uomo, mediante un’interfaccia mentale, prenda possesso di un corpo avatar clonato a immagine della specie umanoide nativa del pianeta Pandora (i Na’vi). Nello specifico, l’impresa consiste nel connettere alla creatura la propria coscienza, diventare parte di essa e controllarla e gestirla come se si trattasse del suo corpo. Siamo partiti da questa storia, perché il progetto che oggi vi raccontiamo, in qualche modo, parte dalla stessa idea. Ma andiamo per ordine.
L’iniziativa, rigorosamente open source, di cui vi parliamo oggi si chiama Robots for Good project, è guidata da un team francese di ingegneri di progettazione 3D e da Gael Langevin, fondatore di InMoov, e si concentra sulla progettazione, l’ingegnerizzazione e, in ultima analisi, la costruzione di robot stampati in 3D che hanno il nobile compito di agire come avatar per i bambini ricoverati in ospedale.
Ora, tornando ad “Avatar”, il concetto è molto simile alla pratica descritta in quel film: un utente può “connettersi” ad un altro corpo ed essere in grado di percepire esperienze immaginifiche e sonore, senza essere fisicamente presente nello spazio dove queste avvengono. Tuttavia, mentre nel film di James Cameron questo concetto è stato utilizzato per colonizzare i corpi di creature fantastiche, in Robots for Good project l’intento è quello di permettere ai bambini che non riescono a vivere di persona determinate esperienze di vita reale, di farlo virtualmente utilizzando il visore stereoscopico per la realtà virtuale Oculus Rift.
Per indirizzare rapidamente il progetto lungo percorsi open source, Wevolver, la piattaforma online che connette progettisti con progetti attivi, ha appena aperto un workshop pubblico alla Somerset House a Londra per aiutare a fabbricare i robot-avatar. Inoltre, la piattaforma ha collaborato con lo Zoo di Londra e il Great Ormond Street Hospital per aiutare i piccoli pazienti dell’ospedale a vivere l’esperienza dello zoo locale attraverso gli occhi e le orecchie di un robot InMoov.
“Il nostro obiettivo è quello di stimolare tutto il mondo ad iniziare a costruire la propria ‘InMoov Robots for Good’ community creando robot stampati in 3D che facciano la differenza nella vita di un individuo“, ha detto Richard Hulskes, uno dei co-fondatori di Wevolver.
Al Somerset House, Hulskes e il resto della team di Wevolver hanno creato sei stampanti Ultimaker 3D per poter fabbricare i robot-avatar. Per tutto il mese di giugno fino a metà luglio, Wevolver è alla ricerca di progettisti, ingegneri, programmatori e makers disponibili a lavorare al montaggio e alla programmazione dei robot.
Il progetto ha anche catturato l’interesse del RedHat, l’organizzazione che sta dietro Linux, che produrrà un documentario sul progetto per contribuire a diffondere l’iniziativa.
Se siete interessati a far parte del progetto, seguite Wevolver per saperne di più ed essere aggiornati su questa originale e valida iniziativa.
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