Si chiama ‘Edmond de Belamy’, il quadro che sta facendo tanto discutere in questi giorni, perchè risultato di un lavoro generato da una intelligenza artificiale. Ma soprattutto perchè è stato venduto per 432.500$ alla casa d’aste Christie, a New York, una cifra 40 volte maggiore rispetto alla previsione di vendita.
Questa storia, sapientemente raccontata dalla rivista motherboard.vice.com non poteva non attirare la nostra attenzione.
La stampa fa parte di una serie di 11 opere, tutte generate da un’intelligenza artificiale e rappresentanti membri della (fittizia) famiglia Belamy, ed è firmata con la formula matematica che descrive l’algoritmo utilizzato per generarla. I fautori dell’opera sono tre ragazzi che vivono in un appartamento a Parigi — uno dei quali si sta laureando in machine learning — che si definiscono Obvious.
“L’algoritmo non è l’unica cosa che ha contribuito a creare questa opera — gli algoritmi non sono muniti di libero arbitrio,” mi ha spiegato alla testata motherboard.vice.com Mark Riedl, professore associato di AI e machine learning al Georgia Institute of Technology. “Si tratta di pennelli davvero complessi con un sacco di parametri matematici, e puoi usare questi pennelli per ottenere un effetto che potrebbe essere complesso da ottenere altrimenti.”
I GAN sono algoritmi che “apprendono” da grandi quantità di dati input, e usano questa conoscenza per produrre nuovi risultati dopo un lungo periodo di addestramento. Ma, attenzione, il fatto che “apprendano”, non significa che siano autonomi. Il prodotto finale è il risultato di un lungo processo di attenta selezione dei dati di input, di calibrazione dei parametri matematici e poi di analisi dei risultati per trovare quello più vicino a ciò che desideravi.
L’ultima iterazione dell’algoritmo — ovvero la versione migliore per le necessità di Obvious — ha restituito centinaia di immagini, ha spiegato Caselles-Dupré, ridotti poi a 11. “Abbiamo attentamente selezionato le immagini che abbiamo ritenuto più interessanti in questo gruppo,” ha spiegatoRiedl alla rivista motherboard.vice.com. “La nostra ricerca vuole mettere alla prova i limiti di questi strumenti, ma non elimineremo mai gli umani dal processo.“.
credits: motherboard.vice.com
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