Quando si parla della capacità di un territorio di produrre innovazione di qualità, il Sud Italia spesso resta retrovia. La Campania, invece, ha ribaltato questa cattiva pratica.
Ne ha scritto qualche mese fa Valerio Molli su huffingtonpost mostrando come i protagonisti dell’ecosistema siano riusciti a creare le basi – di collaborazione e di metodo – per aumentare la propria capacità di fare ricerca di qualità e trasformarla in prodotti e servizi in grado di contribuire alle grandi sfide della società.
Lo dimostrano alcuni numeri dell’ecosistema dell’innovazione e della ricerca: il 2° posto in Italia per numero di iscritti all’Università, con un totale di 234,7 mila studenti nel 2021; il 1° posto nel Mezzogiorno e il 7° a livello nazionale per investimenti in Ricerca e Sviluppo con un valore di 1,4 milioni di Euro; e ultimo ma non ultimo, il costante impegno della Regione verso l’Open Innovation per la creazione di importanti sinergie nell’ambito della ricerca e dell’innovazione.
L’obiettivo è quello di creare un modello di ecosistema integrato di Istituzioni, università e imprese in molti settori per guidare la trasformazione digitale e sostenibile del Paese, dalla mobilità, all’automotive, all’agrifood, stimolare la diffusione dell’innovazione nel tessuto imprenditoriale e dei servizi campani e promuovere partnership nazionali e internazionali.
Ma come rafforzare un ecosistema favorevole all’innovazione, promuovendo la collaborazione tra gli attori chiave, fornendo sostegno finanziario e sviluppando competenze necessarie per l’adozione di nuove tecnologie e opportunità di innovazione da parte di imprese e territori?
Proviamo a tracciare 4 punti insieme ad Amleto Picerno Ceraso suggerendo altrettante concrete proposte, che già in molti paesi vengono adottate con successo.
- Istituzione di “Sandboxes” per l’innovazione regolamentare: l’idea dei sandboxes è stata introdotta nel Regno Unito e successivamente adottata da altri paesi, come Singapore e Australia. In pratica, i sandboxes sono ambienti controllati in cui le imprese possono testare nuove tecnologie e servizi senza essere soggette ai regolamenti esistenti.
In questo modo, le imprese possono sperimentare soluzioni innovative senza correre il rischio di violare le leggi e i regolamenti in vigore. Questo approccio è particolarmente utile per le start-up e le imprese che operano in settori altamente regolamentati che richiedono ambienti e tecnologie controllate, come le aziende finanziarie, le biotecnologie o il manifatturiero.
- Implementazione di Programmi di “Open Innovation” attraverso politiche di Corporate Venture Capital (CVC) e programmi di CO-Design.
Per i primi, si tratta di supportare le grandi imprese ad istituire fondi di venture capital interni, noti come Corporate Venture Capital (CVC), per investire in start-up rilevanti per il loro settore. Invece di acquisire direttamente le start-up, le grandi imprese investono nel loro capitale e le supportano nel loro sviluppo. Questo modello permette una focalizzazione degli investimenti nelle start-up ed amplifica il modello di open innovation.
Nei programmi di co-creazione e co-design invece le grandi imprese coinvolgono le start-up nel processo di co-creazione e co-design di nuovi prodotti o servizi. Tale coinvolgimento avviene fin dalle prime fasi di sviluppo, consentendo alle start-up di apportare il proprio know-how e le proprie competenze specifiche. Questa collaborazione stretta promuove l’innovazione congiunta e favorisce la creazione di soluzioni che rispondono meglio alle esigenze del mercato.
- Implementare programmi Start-up Visa: tali iniziative mirano a facilitare l’ingresso di imprenditori stranieri nel paese ospitante, consentendo loro di stabilirsi e avviare le proprie attività imprenditoriali. Questi programmi potrebbero essere attuati anche nel sud Italia per stimolare l’innovazione e lo sviluppo economico della regione. I programmi Start-up Visa possono offrire agli imprenditori stranieri l’accesso a servizi di supporto, come consulenza legale e fiscale, mentorship, assistenza nella ricerca di alloggi e spazi di lavoro. Questi servizi aiuterebbero gli imprenditori a superare le sfide iniziali e a integrarsi più facilmente nell’ecosistema imprenditoriale locale.
- Promozione di Cluster industriali specializzati: Le regioni possono promuovere la creazione di cluster industriali specializzati che riuniscono imprese manifatturiere, artigiani, fornitori di tecnologie avanzate, istituti di ricerca e formazione. Questi cluster favoriscono la collaborazione, la condivisione delle conoscenze e lo sviluppo di sinergie tra le diverse parti interessate.
Prendendo spunto dal modello tedesco delle “Fabbriche del Futuro” o “fabbriche neutre” le regioni italiane potrebbero incoraggiare la collaborazione tra imprese e istituti di ricerca per promuovere l’innovazione, la digitalizzazione dei processi produttivi e l’adozione di tecnologie avanzate. Legati a questi cluster sarebbe fondamentale supportare programmi di formazione mirati: le regioni possono supportare programmi di formazione mirati per artigiani e lavoratori nel settore manifatturiero, al fine di fornire loro le competenze necessarie per adottare tecnologie digitali e avanzate. Questi programmi dovrebbero focalizzarsi sulla formazione tecnica, sull’apprendimento delle nuove tecnologie e sull’acquisizione di competenze digitali. Qualche spunto? Le iniziative come il programma “Upskilling 2025” in Germania, che mira a formare oltre 1 milione di lavoratori nelle competenze digitali entro il 2025.
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