Incontro tra Amleto Picerno e Andrea Graziano sui temi del Workshop “Grasshopper as data processing tool”, promosso e organizzato da Medaarch.

L’offerta formativa che la Medaarch propone fino a maggio del prossimo anno, ha un filo conduttore comune che tenta di legare didattiche e temi differenti, per costruire un racconto denso di senso, riguardo ciò che sta accadendo oggi nell’ambito dell’architettura, della fabbricazione e degli aspetti sociali ed economici ad esse legate. Il fil rouge attraverso il quale si dipana tale narrazione, è quello dei dati. I dati, non ancora informazioni, costituiscono quel liquido virtuale di cui tutta la nostra esistenza è pervasa, tanto da far ipotizzare che lo steso concetto di vita (nelle sue più ampie accezioni), sia possibile solo attraverso il continuo scambio di dati. Legittimo, se pur tardivo, è quindi l’interesse che l’architettura e le scienze che attuano negoziazioni tra  materia ed informazioni, stanno ponendo nei confronti del tema dei dati e di come questi possano informare processi e materia. Ho avuto la fortuna di parlarne con il tutor del primo workshop, Andrea Graziano.

APC: Dal 22 al 25 Novembre terrai un workshop alla Medaarch che si intitola “DATA FIELDS – Grasshopper as data processing tool”.  Non è usuale proporre  una formazione che usa i software citati nel titolo,  con questo taglio. Ci spieghi la scelta?

AG: I  motivi sono molteplici. Innanzitutto Grasshopper viene normalmente inteso come un mero strumento di modellazione parametrica. In realtà, per come lo intendo io, è uno strumento che presenta opportunità decisamente maggiori. Grasshopper, di suo, è uno strumento che processa dati e quindi fornisce la possibilità di acquisire dati da molteplici fonti esterne e manipolarli al suo interno per generare altri tipi di informazioni. Il vantaggio che Grasshopper presenta è il fatto che è per natura un processore di dati che, lavorando all’interno di un programma di modellazione, può, all’occorrenza, convertirli in geometrie. In realtà, le geometrie stesse sono costituite e basate su dati, che vengono visualizzati e convertiti in superfici, punti, linee, ecc.. ma di suo, possiamo intenderle come informazioni. Nel momento in cui formattiamo queste informazioni con specifiche sintassi, possiamo convertirle in geometrie.

APC: Qual è il vantaggio nel lavorare in questi termini con i dati all’interno di un processo progettuale?  

AG: Credo che uno dei maggiori vantaggi degli strumenti parametrici, sia quello di poter informare i progetti non solo con singole variabili ma con flussi di dati. Un parametro, per definizione, è un dato che può variare all’interno di un dominio, quindi è un dato che, di suo, può variare. Queste variazioni fanno parte delle opportunità progettuali che abbiamo: utilizzare flussi di dati, ci permette di esplorare soluzioni, ci permette di instaurare set di regole che possono essere computate, fornendoci popolazioni di soluzioni, invece che singole soluzioni geometriche.

 APC: Che differenza c’è, nell’uso di strumenti come Grasshopper,  tra il modellare direttamente geometrie ed il modo con cui tu lavori con questi software? Perché questo approccio potrebbe essere più interessante?

AG: Non sono un fanatico dell’uso di Grasshopper a tutti i costi, ma in questo momento è un programma che ha numeros vantaggi rispetto a molti altri software di modellazione, in quanto è un software che secondo me permette di esplorare processi. Nel momento in cui si fanno interagire fra loro più parametri o comunque più flussi di dati la nostra mente non è in grado prefigurare tutte le permutazioni e combinazioni di possibili soluzioni, quindi Grasshopper è, da questo punto di vista, uno strumento assolutamente esplorativo, ci permette di computare variazioni che diversamente non potremmo prevedere. Questa è una delle opportunità che offre questo strumento e che attualmente non si trovano, in maniera così ‘user-friendly’, in altri software.

Data-track. Co-de-iT

APC: Cosa intendi esattamente quando parli di acquisire informazioni?

AG: Intendo il fatto che oggi, soprattutto noi architetti, siamo focalizzati nell’acquisire dati provenienti dall’esterno perché vogliamo progettare i nostri edifici in maniera maggiormente rispondente e sostenibile rispetto all’ambiente circostante. E’ quindi oggi fondamentale essere in grado, grazie a strumenti di monitoraggio e sensori, di importare informazioni all’interno dei nostri software. In questo momento la tecnologia ci dà non solo la possibilità di utilizzare tali strumenti progettuali ma ci offre anche una vasta scelta sulle fonti e gli strumenti per importare dati; esistono moltissime applicazioni gratuite che trasformano i nostri smartphone in sensori portatili. Grasshopper, da questo punto di vista, è uno strumento che ci permette di capire in che modo sono composti e strutturati i dati, ne rende palese la struttura ed il flusso manifestandoli nella loro essenza ed una volta che si è capito come questi sono formattati, ci dà l’opportunità di manipolarli tramite sequane di operazioni dette algoritmi. Un altro vantaggio che presenta grasshopper è rappresentato dal fatto che è un programma di  ‘visual scripting’, in un certo senso  ha abbassato le competenze minime necessarie per entrare (nel senso di introdurre) nel mondo della programmazione nel campo dell’architettura permettendoci di creare con maggior facilità, rispetto alla programmazione classica, specifici algoritmi. In realtà con tali strumenti noi creiamo i processi, non le forme. Creiamo una sorta di metabolismo digitale, inneschiamo processi e ne esploriamo le possibili conseguenze, sviluppi, permutazioni. Questa capacità, secondo me, a fatica si trova in altri software nella medesima fluidità di utilizzo e curva di apprendimento.

Lo scopo del workshop è usare Grasshopper come un coltellino svizzero, adatto a tutte le casistiche e specifiche problematiche o emergenze progettuali.

La cosa che mi affascina maggiormente in questo momento è il fatto che tutto ciò che abbiamo intorno, veramente tutto, è leggibile come dato e informazione. La natura stessa della materia è basata su dati e informazioni. Quindi Grasshopper può diventare una specie di microscopio che ci permette di leggere la realtà delle cose in quest’ottica. È una sorta di filtro con cui leggere la realtà. Questa cosa mi affascina moltissimo.

APC:  È dunque più di un semplice strumento progettuale.

AG: Si! Secondo me, in prima battuta, è uno strumento con ci viene data l’opportunità di indagare e approfondire la conoscenza delle cose che ci circondano, o per lo meno io così lo considero, lo utilizzo e lo trovo interessante.

APC: Che tipo di ricerca secondo te si può portare avanti all’interno del workshop? Su cosa focalizzerai l’attenzione?

AG: Il workshop deve provvedere numerosi contenuti in tempo molto limitato e quindi non potrà essere esaustivo. Ma una delle cose che mi affascina è il dare la possibilità ai partecipanti, di catturare streaming di dati, dalla rete, da siti che elaborano e immagazzinano informazioni in real time, prendere poi questi dati, vedere come fluiscono all’interno del programma ed utilizzare questi flussi per capire com’è possibile utilizzarli  in maniera creativa e progettuale. È una sorta di gioco che ci permette di esplorare in che modo dati di cui non abbiamo il controllo perchè provengono da fonti esterne, possono creare e diventare strumenti di design.

Ecco il motivo del nome “data fields” per questo workshop: si tratta di campi di dati in continuo movimento. Il workshop, in questo aspetto, ha un carattere molto sperimentale, che non si focalizza su un oggetto, ma lascia aperto il campo alla ricerca. Stiamo parlando di strumenti. Che cosa si può fare poi con lo strumento sta alla creatività del singolo utente. L’intento del workshop è dare opportunità e nuovi strumenti ai ragazzi per poter innescare processi creativi. 

APC: Quale background, interessi e formazione devono avere i partecipanti al workshop?

AG: Sicuramente potrebbe essere interessante avere diversi profili professionali all’interno del workshop, quindi non solo architetti. Ovviamente, bisogna premettere che si tratta di un plug-in che lavora all’interno di un software di modellazione, quindi c’è una naturale propensione all’elaborazione di geometrie ma mi è capitato numerose volte di usare lo strumento con altre finalità. Ciò può essere parte dell’esplorazione e  diventare momento progettuale di suo, nel senso che uno strumento può essere interpretato diversamente da persone che hanno diversi orientamenti.

Un altra cosa che mi interessa molto è l’utilizzo di grasshopper per la ‘data visualization’. Il visualizzare ‘big’ data’ ovvero grosse moli di informazioni permette di intravedere pattern all’interno di tali sequenze. Questo è un po’ il cuore di ciò che sta avvenendo nella ricerca scientifica in questo momento: è difficile intravedere in maniera naturale, solo guardando ai meri dati strutturati in tabelle, delle sequenze. La data visualization ci permette, associando i dati a colori, forme o geometrie (comuque a qualcosa che sia maggiormente recepibile dai nostri sensi) di intravederne possibili patterns, sequenze e comportamenti.

APC: Attraverso tale manipolazione emergono, dunque,  pattern che possono chiarire il comportamento di sistemi complessi.

AG: Molte delle scoperte scientifiche che stanno avvenendo in questo momento, avvengono proprio dall’analisi visuale dei dati. Nel momento in cui si intravedono ritmi all’interno di flussi di dati, si rivelano patterns, che sono la chiave per comprendere la complessità implicita nelle strutture complesse. 

APC: Qualche tempo fa una rivista scientifica affermava che il futuro delle occupazioni è nel mondo dei big data. C’è bisogno, oggi, di strumenti per analizzare i big data, per capirli, gestirli e manipolarli in modo da essere capaci di indirizzare meglio le nostre scelte ed azioni nella realtà?

AG: Assolutamente si. Stiamo vivendo una sorta di nuova era in cui la complessità è il paradigma attuale con cui analizzarla. Abbiamo nuovi strumenti per andare oltre ad una visione ormai superata e causa della crisi attuale di pensiero e non. Grasshopper non sarà, ovviamente, lo strumento da utilizzare nel campo dei big data, ma può essere un ottimo strumento per introdurre gli interessati all’argomento. All’interno di questo workshop si affronterà anche la tematica dei ‘big data’ e saranno toccate questioni relative alla complessità anche perchè, inevitabilmente, queste verranno fuori. 

 About Andrea Graziano.

About the workshop Grasshopper Data Fields 

By Categories: Case Study, NotiziePublished On: 8 Novembre, 2012

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